Storia del farmaco – Il segreto di Ippocrate
6 min readQuesto articolo fa parte della rubrica Storia del Farmaco. Il farmaco è inevitabilmente scoperto da una, o meglio da tante persone che hanno speso tempo ed energie nell’osservare attentamente e condurre esperimenti, per dedurre ipotesi e giungere a conclusioni. Non c’è farmaco senza lo scienziato che lo scopre, perché benché possa esistere già in natura non viene usato con un preciso scopo. Questo è il motivo per cui anche in questo episodio si parlerà di storia del farmaco attraverso la storia di persone, in questo caso di Ippocrate.
Vita e opere
Ippocrate, Hippokrátēs, che nacque attorno al 460 a.C. sull’isola di Kos e morì a Larissa nel 377 a.C. è il protagonista di questo episodio. Questo personaggio è di tale importanza da essere considerato il padre della medicina occidentale e autore del Giuramento di Ippocrate, prestato ancora oggi dai medici.
Queste informazioni ci giungono dal Corpus Hippocraticum, una raccolta di scritti in greco antico che trattano soprattutto di medicina. Tra le opere citiamo Hippocratis jusiurandum, De medico, De septimestri partu, De medicamentis purgantibus, De insomniis. Fu scritto per la maggior parte tra il 430 e il 330 a.C. ma fu poi modificato e arricchito per esempio da Galeno, dal medico persiano Avicenna ed altri.
Il romanzo
L’autrice Isabella Bignozzi, traendo informazioni dal Corpus Hippocraticum ha scritto il romanzo Il segreto di Ippocrate, nel quale parlando a Pòlybos, suo studente, racconta la sua crescita sia come persona che come medico, prestando attenzione al contesto storico, citando esempi di pratiche mediche, preparazioni farmaceutiche ed erbe medicinali comunemente usate all’epoca.
Ippocrate è figlio di Fenarete ed Heraclídes, un illustre medico, dal quale è ispirato in prima istanza alla medicina. Spinto da una profonda e sincera curiosità verso la disciplina, si circonda di persone e manoscritti da cui possa trarre nozioni e segreti, compie molteplici viaggi in città italiane come Crotone e Taranto, ma anche in Egitto, in Libia, dove può apprendere tutte le novità in campo scientifico ma anche le antiche tradizioni di altri popoli.
«Sempre più negli ultimi anni, mentre io perdevo le forze, riuscivo però a ridar vigore agli altri. Ma non fu per fato, fu per la scienza di aver mille volte provato, sbagliato, ascoltato fin da bambino gli insegnamenti di mio padre Heraclídes, e dei tanti miei maestri. Ho consumato gli occhi nel leggere mille manoscritti, ho impolverato i calzari in innumerevoli viaggi, ai confini della civiltà; ho impegnato la mente senza posa, riflettendo su cause ed effetti»1.
Periodo di transizione
Ci troviamo però ancora in un periodo in cui era usuale rivolgersi agli dèi, soprattutto il Dio Asclepio, di cui è raccontato nell’episodio precedente. I pazienti si ritirano nel tempio sperando che in sogno il Dio riveli la giusta cura. Per cui una difficoltà ulteriore per la nuova figura del medico sta nel guadagnarsi la fiducia del paziente e fargli rispettare le prescrizioni. È un periodo di transizione nel quale il razionale, il rapporto causa-effetto, prevale sull’irrazionale ed il divino per questo è considerato il capostipite della medicina come la conosciamo noi oggi.
«Ebbene, io ritengo che chi ama la medicina si debba servire della sola scienza, senza riporre grande fiducia nel fato o negli dèi: non è grazie alla fortuna o alla benevolenza divina che egli riuscirà. La scienza medica con i suoi precetti è solida e stabile; le dottrine che la costituiscono non hanno bisogno di ciò che è soprannaturale, invisibile all’occhio umano. Trovi che io sia presuntuoso?»1.
Piante medicinali citate nel romanzo
Nel romanzo dell’autrice Bignozzi si trovano citate molte piante medicinali, frutti, miele e vino usate nelle in preparazioni farmaceutiche.
«Prima deterse la ferita con vino e miele di cedro in piccola quantità; poi usò la scorza secca di melagrana per pulirla a fondo, delicatamente»1.
In un altro passo si cita l’utilizzo di papavero (Papaver somniferum)2 e semi di giusquiamo (Hyoscyamus niger)3 macerati nel vino fresco, oppure ancora foglie di guado (Isatis tinctoria)4 e succo di strychnos (Strychnos Nux-Vomica).
Papaver somniferum2
Il Papaver somniferum appartiene alla famiglia delle Papaveraceae, questa famiglia si distribuisce soprattutto nelle zone con clima mediterraneo. Il P. somniferum in particolare è coltivato in alcuni stati come Afghanistan, Myanmar, Messico, Laos, Turchia, Spagna. La sua produzione è di grande interesse poiché questa pianta possiede proprietà narcotiche. Il P. somniferum è la prima risorsa naturale di analgesici oppioidi, come morfina e codeina, dal quale poi si possono ottenere derivati semisintetici come tebaina, ossicodone, buprenofina, ed eroina.
Legandosi ai recettori oppioidi a livello del sistema nervoso centrale e periferico, causano una riduzione della trasmissione nocicettiva, questo significa che non vengono percepiti e trasdotti gli stimoli dolorosi. La morfina, infatti viene usata come trattamento per il dolore cronico nelle patologie neoplastiche.
Praticando incisioni sulle capsule immature del papavero fuoriesce un lattice che viene lasciato ad essiccare e poi raccolto. Questo lattice è ricco dei metaboliti secondari della pianta come la morfina.
Hyoscyamus niger 3
Questa pianta appartiene alla famiglia delle Solanaceae, la si può trovare in Europa (come in Gran Bretagna e Irlanda) o anche in Siberia. Vengono usate tutte le parti della pianta, foglie, semi e radici poiché contengono sostanze farmacologicamente attive come iosciamina, atropina, scopolamina. Gli effetti farmacologici sono molteplici: broncodilatazione, spasmolisi, ipnosi, midriasi, effetto anti-secretorio ed allucinogeno. È stata causa di molteplici intossicazioni sia accidentali che volontarie.
Un aneddoto curioso a proposito di questa pianta è che sembra che in Gran Bretagna i ladri di galline mischiassero i semi di giusquiamo nero con quelli di grano in modo tale da stordire le galline e poterle rubare in tranquillità durante la notte.
È nota come pianta medicinale anche in Cina con il nome Tianxianzi, e sia in Cina che in India veniva usata come trattamento per il dolore allo stomaco, tosse, psicosi e neuralgia. In Iran prende il nome di Bazrolbanj o Banghdaneh ed anche qui viene usata con numerosi scopi.
Ma cosa contiene questa pianta da mille usi? Nelle foglie, per esempio si ha una elevata percentuale di atropina e scopolamina, mentre nei semi la iosciamina. Tutte e tre sono chimicamente molto simili tra loro hanno proprietà farmacologiche paragonabili. Hanno un effetto parasimpaticolitico, bloccano le escrezioni di ghiandole esocrine, aumentano il battito cardiaco ed hanno un effetto midriatico. L’atropina la troviamo anche in altre piante come nella Atropa Belladonna, chiamata così perché veniva preparato un collirio con lo scopo di dilatare pupille e l’effetto era molto apprezzato dalle donne del Rinascimento.
Conclusioni
Concludiamo l’ articolo citando questa frase tratta dal libro, rappresentativa del segreto di Ippocrate ovvero il modo con il quale Ippocrate si approccia con amore, umiltà, curiosità e metodo alla disciplina medica riuscendo a diagnosticare e salvare numerose vite tramandare i suoi studi e porre le fondamenta della medicina come la conosciamo noi oggi.
«Non è forse ogni male della mente o del corpo un mistero che chiede spiegazione, un labirinto? La natura stessa crea l’enigma, ma porta nascosta in seno la soluzione. Ebbene, nelle mie fantasie di vecchio, nella mia mente commossa dal languore del tramonto, io mi ripeto di esser nato per questo. Non ebbi divina forza, non fui un eroe nel combattimento, né uno scaltro sofista o uno strabiliante atleta, e neppure un maestro nell’arte. Ma ebbi la capacità di osservare un uomo, sentire il suo male. Vedere la via per guarirlo, l’uscita dal labirinto»1.
Bibliografia
1. Il segreto di Ippocrate, Isabella Bignozzi, La lepre edizioni, 2020
2. M. Butnario et al. Papaver Plants: Current Insights on Phytochemical and Nutritional Composition Along with Biotechnological Applications, Oxid. Med. Cell. Longev., 2022
3. A. Alizadeh et al. Black Henbane and its toxicity – a descriptive review, AJP, 2014, vol. 4, No. 5
4. J. Speranza et al. Isatis tinctoria L. (Woad): A Review of Its Botany, Ethnobotanical Uses, Phytochemistry, Biological Activities, and Biotechnological Studies, Plants, 2020, 9, 298
5. L. Lu et al. Brucine: A Review of Phytochemistry, Pharmacology, and Toxicology, Front. Pharmacol. 2020, 11
Sono Margherita, laureata in Chimica e Tecnologia Farmaceutiche nel 2021, attualmente Dottoranda in Drug Science, mi occupo di sintesi di composti biologicamente attivi. Nel tempo libero mi piace mettermi in cammino ed esplorare il mondo. Ritengo che la chimica e le molecole che rappresenta siano un ingranaggio meraviglioso nel grande orologio dell’universo. Cerco quindi di divulgare questa materia, spogliandola della corazza che la rende così complessa e inaccessibile.
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