Novembre 16, 2024

TARDIGRADI, MICROSCOPICI ANIMALETTI INDISTRUTTIBILI

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Sono piccoli, lenti e assolutamente resistenti. I tardigradi hanno conquistato la terra e il mare... e anche lo spazio!

Tardigradi, ne avrete sicuramente  sentito parlare: sono microscopici invertebrati protostomi celomati.

I protostomi sono un superphylum, gli animali che ne fanno parte sono accomunati da una caratteristica ben precisa: la regione buccale si viene a formare da una struttura embrionale fondamentale  detta blastoporo. Per quanto riguarda il termine “celomati”, è sempre in relazione allo sviluppo embrionale, infatti il celoma è una cavità interna contenente liquido, delimitata dal mesoderma, uno dei tessuti embrionali da cui si origineranno diversi tipi di tessuti “adulti”.  In questo raggruppamento rientrano i molluschi, ad esempio.

 Inquadrata la loro posizione nel Regno Animale, passiamo al nome: “tardigrado” dal latino tardigrădus, (tardus=‘lento’ +  gradi= ‘camminare’) ovvero animali che camminano lentamente. Questo nome gli venne dato nel 1777 da Lazzaro Spallanzani,  biologo italiano; erano già noti dal 1773, anno in cui lo zoologo tedesco Johann August Ephraim Goeze li osservò per la prima volta e li chiamò “Bärtierchen” o animaletti a forma di orso.  La somiglianza con gli orsi, in particolare la similarità con le loro movenze pesanti e lente, ha influenzato anche il termine inglese con cui ci si riferisce a questi animali, che in effetti sono conosciuti come Water Bears (orsi d’acqua).
Per osservarli è necessario un microscopio, può bastare anche un microscopio ottico dato che un individuo adulto ha dimensioni comprese tra 0,1 a 1,5 mm, per ammirarli mentre camminano sulle loro 8 zampette.

Sono animali ubiquitari, ovvero si possono trovare un po’ ovunque. Ciò è dovuto sia al fatto che sono estremamente resilienti, caratteristica che li ha resi molto famosi negli ultimi anni, sia dal fatto che ne esistono più di 1000 specie. Sono  così riusciti nell’impresa di colonizzare sia l’acqua salata che l’acqua dolce che la terra ferma, prediligendo sempre zone umide ricche di muschi e licheni. Per questo li possiamo trovare sia in giardino che fra i ghiacci dell’Antartide.

I tardigradi sono in grado di resistere a temperature che vanno dallo zero assoluto (-273°C) a 150°C, all’alta pressione, al vuoto cosmico, a raggi UV e raggi X e a diversi prodotti chimici.

In condizioni ottimali di umidità e riserva di cibo, il tardigrado può vivere da qualche settimana ad un massimo di 2,5 anni. Quando, però, le condizioni diventano estreme e difficili vanno incontro ad un fenomeno noto come criptobiosi.

La criptobiosi è uno stato ametabolico: i processi metabolici si bloccano, non avviene nessuna attività legata allo sviluppo, alla riparazione dei tessuti e alla riproduzione. È un’ importante capacità che permette di resistere a condizioni ambientali difficili per la vita, una sorta di torpore profondo, di dormienza, che può durare idealmente per un tempo indeterminato, per poi far ripartire l’organismo dallo stesso identico punto da cui si era fermato non appena le condizioni tornano favorevoli.

Esistono diversi tipi di criptobiosi ma pensate un po’? I tardigradi sono in grado di adottarli tutti, per rispondere alle diverse esigenze ambientali.

  • Anidrobiosi: l’animale si trova a dover affrontare lunghi periodi di scarsità di acqua e va quindi incontro a essicazione. La perdita di più del 95% di acqua avviene per evaporazione e tutti i processi metabolici si bloccano, ritraggono testa e zampe contraendosi, restando immobili.
  • Criobiosi: dovuta a temperature particolarmente basse, questo meccanismo di difesa gli consente di sopravvivere al congelamento. Importante: è fondamentale che la fase di raffreddamento avvenga molto lentamente, per evitare la formazione di cristalli di acqua che andrebbero a danneggiare cellule e tessuti, compromettendo la funzionalità dell’organismo. In questo stato, l’animale può restare per diversi anni. Entrare in criobiosi prevede una prima fase preparatoria in cui avviene la rimozione del 99% dell’acqua dall’organismo che invece si arricchisce di un particolare zucchero, il trealosio, capace di stabilizzare le membrane cellulari di questi animali, e di glicerolo, entrambi funzionano come un antigelo naturale, proteggendo le cellule da lesioni. In questa fase, però, sono particolarmente vulnerabili, soprattutto ai raggi UV.
  • Anoxybiosi: questo fenomeno viene indotto da bassi livelli o assenza di ossigeno. Il tardigrado si immobilizza irrigidendosi e può rimanere in questo stato fino a 5 giorni, salvo per le specie acquatiche che possono resistere in questa condizione al massimo 3 giorni.
  • Osmobiosi: viene sperimentata per un ventaglio molto ampio di concentrazioni saline differenti.  È  un’abilità dei tardigradi acquatici: consente a quelli di acqua dolce di contrarsi in un ambiente altamente salino, mentre a quelli di acqua salata di adattarsi in acqua dolce.

Non per niente i tardigradi sono gli animali resilienti per eccellenza! Per queste loro capacità di adattamento sono oggetto di studi da diversi anni.
In particolare, si sta studiando come le capacità dei tardigradi possano essere sfruttate per migliorare la resistenza fisica dell’uomo nello spazio.

Proprio così, questi piccoli invertebrati non solo si trovano in ogni parte del globo, sia su terra che in acqua… sono arrivati anche nello spazio! Si è scoperto che riescono a sopravvivere anche all’esterno di veicoli spaziali suggerendo che possano essere un buon vettore di panspermia.

La panspermia è un’ipotesi secondo la quale il seme o i semi della vita sono sparpagliati per l’universo. Per “seme della vita” si intende anche semplici molecole organiche che se casualmente incontrano condizioni favorevoli alla vita, vi si insediano e si sviluppano. Per sondare nel dettaglio l’ipotesi della litopanspermia, ovvero la possibilità che possa avvenire il trasferimento di forme di vita da una superficie planetaria all’altra all’interno di rocce che viaggiano nello spazio (come le comete) e che possono andare incontro a impatti astronomici, all’Università del Kent è stata studiata la capacità di questi minuscoli esseri di sopravvivere agli shock da impatto, la cui entità, in termini di velocità e pressioni d’urto risultanti, costituisce il fattore limitante della teoria.

Per questo vi parlo della spedizione lunare del lander israeliano Beresheet e del suo poco felice epilogo.

Nell’aprile del 2019, si è schiantato sulla Luna, e con lui tutto il suo carico: la prima biblioteca lunare in formato DVD contenente 30 milioni di pagine di informazioni, campioni di DNA umano e anche loro, i tardigradi.

Potenzialmente, sulla superficie lunare ci sono questi simpatici animaletti in criptobiosi. Ovviamente solo nel caso in cui siano riusciti a sopravvivere all’impatto.

Per capire se c’è la possibilità che i tardigradi siano sopravvissuti, grazie alle loro peculiare caratteristiche adattative,  sono stati portati avanti degli studi per testare se i tardigradi riescano a sopravvivere a impatti tipici che si possono verificare nel Sistema Solare. È emerso che in effetti possono sopravvivere a impatti fino a 0,9 km s-1, ovvero a 1,14 GPa di pressione d’urto, ma non possono sopravvivere ad impatti di entità superiore. Inoltre, sono stati sparati ad alta velocità con una pistola su bersagli di sabbia, sottoponendoli a urti da impatto per valutarne la sopravvivenza. I risultati evidenziano però che le probabilità che un tardigrado sopravviva alla collisione con la superficie lunare rasenta lo zero: l’unica probabilità di sopravvivenza è di impattare la superficie a velocità basse in traiettorie balistiche favorevoli, ma è stato stimato che solo il 40% circa del materiale che impatta ha questa fortuna che potrebbe offrire delle chance di sopravvivenza.

Nell’agosto del 2019 si vociferava di una possibile missione di recupero per verificare la sorte di questi resistenti animali che, nonostante l’evento catastrofico, potrebbero darci nuove informazioni sulle loro potenzialità. Quante nuove possibilità di ricerca si potrebbero aprire se fossero sopravvissuti? Quali applicazioni permetterebbe questa scoperta? I vantaggi per l’uomo?

Un bel po’ di domande sorgono valutando degli esserini microscopici invertebrati che hanno dimostrato una resistenza fuori dal comune e non possiamo non restare in attesa di scoprire quante altre cose hanno in serbo in noi.

Chissà se a breve sapremo se sono stati i primi animali invertebrati terrestri a mettere piede sulla Luna e a riuscire a sopravvivere.

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