Tra scienza e bellezza: la microfotografia
6 min readCiò che il nostro occhio riesce a catturare, a vedere si traduce nella realtà in cui siamo calati. Siamo portati a pensare che solo ciò con cui siamo in grado di interagire visibilmente sia reale.
Con l’avanzamento delle tecnologie e la continua curiosità che ci spinge a sempre un passo in più in là, oltre un traguardo che pensiamo di aver già raggiunto, oggi sappiamo che ci sono livelli del reale che il nostro occhio non è in grado di vedere, sia nel piccolo mondo che nell’infinitamente lontano.
Grazie a strumenti che sfruttano i principi dell’ottica, come i micro-scopi e i tele-scopi, possiamo vedere il molto piccolo e il molto lontano.
In questo articolo, i riflettori sono puntati sul micro, su tutto ciò che non riusciamo a vedere nonostante sia sotto al nostro naso.
MICROFOTOGRAFIA E MICROSCOPIA
Solo nel XVII secolo, grazie allo sviluppo dell’arte della lavorazione del vetro, è stato possibile produrre lenti raffinate che fossero abbastanza precise per l’osservazione sia dell’infinitamente lontano sia dell’infinitamente piccolo.
Robert Hooke è ricordato per aver utilizzato uno primi microscopi composti, costruito in Italia da artigiani di origine campana, ma è anche ricordato dai biologi di tutto il mondo perché osservando una sezione di sughero con il microscopio notò delle particolari strutture che ricordavano i cubicoli dei monasteri. Le chiamò cellule, dal latino piccole stanze: le camerette da lui osservate, non erano altro che le pareti cellulari di cellule vegetali ormai morte.
Il microscopio con il quale lavorò presentava un importante corpo cilindrico, un obiettivo composto da una lente biconvessa e dall’oculare costituito da una lente piano-convessa e una biconvessa in serie.
Hooke lo utilizzò per l’osservazione di diversi campione traendone 32 tavole illustrate contenute nel suo celebre “Micrographia: or some physiological descriptions of minute bodies made by magnifying glasses. with observations and inquiries thereupon” del 1665. Nel mondo scientifico era prassi comune utilizzare tavole e disegni come documentazione di supporto alla propria ricerca.
Uno snodo cruciale, che ha influenzato il modo di condividere le conoscenze scientifiche, conservato e perpetuato fino ai nostri giorni, è avvenuto accoppiando la fotografia, nata solo nel 1839, alla microscopia, creando così la fotomicroscopia.
MICROFOTOGRAFIA OGGI
Se ti è capitato di sfogliare un lavoro scientifico non solo di stampo biologico, anche chimico o geologico, sicuramente ti sarai imbattuto in affascinanti immagini a cui è difficile attribuire un senso se non si comprende il testo e le posizioni dell’autore.
Per arrivare alle immagini attuali è avvenuto un avanzamento dell’arte e della tecnica non indifferente.
Basti pensare che siamo passati dall’analogico al digitale. Quali sono stati i maggiori vantaggi di questa evoluzione? Puoi fare un numero illimitato di scatti, un abbattimento significativo dei costi e la possibilità monitorare in tempo reale l’immagine.
Ad evolversi non è stata solo la fotografia, anche la microscopia ha fatto passi da gigante in questi anni.
Nel 1926 vennero costruite le prime lenti elettromagnetiche e con loro nacque anche la microscopia elettronica. La differenza con la microscopia ottica sta nel fatto che in quest’ultima il campione è visibile grazie a un fascio di luce, mentre nella microscopia elettronica è investito da un fascio di elettroni. Per loro natura, gli elettroni hanno energie molto elevate e lunghezze d’onda molto brevi. Queste caratteristiche conferiscono un altissimo potere di risoluzione, ovvero si è in grado di osservare anche oggetti molto, molto, molto piccoli. La risoluzione, infatti, è il potere dello strumento nel distinguere due oggetti ad una certa distanza l’uno dall’altro: quando la distanza è inferiore ad un certo valore x, i due oggetti non sono distinguibili. Ovviamente questa distanza ha valore diverso in base alla sensibilità dello strumento che viene utilizzato.
QUANTI E QUALI MICROSCOPI
Possiamo fare una semplice classificazione in microscopi ottici e microscopi elettronici, suddividendo in SEM (Scanning Electron Microscopy) e TEM (Transmission Electron microscopy). Con i primi arriviamo ad osservare oggetti fino ad una grandezza di 10-6m cioè 1μm o ancora un milionesimo di metro. Possiamo già osservare oggetti piccolissimi: cellule eucariote e batteriche e organismi microscopici come i tardigradi, distinguendone perfettamente la morfologia.
Utilizzando il SEM scendiamo ancora in ordine di grandezza, riuscendo a visualizzare nell’ordine delle decine di nanometri (nm), ovvero 10-9m, un miliardesimo di metro o un milionesimo di millimetro.
Con il TEM arriviamo addirittura all’angstrom (1 Å = 10-10m), equivale a 0.1 nm. Con questo potente strumento possiamo osservare il regno atomico, siamo arrivati alla struttura atomica del mondo.
Quindi tra le maggiori differenze tra questi microscopi spicca di sicuro quanto riusciamo ad ingrandire la materia affinché diventi osservabile. Ma un altro importante punto da sottolineare è il colore.
Infatti le immagini a colore sono osservabili solo al microscopio ottico, dato che si utilizza la luce. I microscopi elettronici restituiscono immagini monocromatiche, con diverse toni di grigio: in base all’intensità del segnale che viene captata da un sensore, una certa regione dell’immagine sarà di un grigio più scuro (segnale forte) o chiaro (segnale basso). In post produzione il problema è parzialmente risolvibile, infatti esistono modi per colorare anche queste foto.
L’uso del colore è infatti fondamentale per restituire informazioni oggettive su quanto si vuole descrivere, è una di quelle informazioni indirette con cui siamo in grado di dare senso a quanto osserviamo.
Oggi possiamo osservare il micromondo come se guardassimo un panorama, con foto di alta qualità nelle quali possiamo apprezzare al struttura, microstruttura, composizione e grande (o piccola!) bellezza.
NIKON’S SMALL WORD CONTEST
La Nikon’s Small Word è un competizione di microfotografia aperta a chiunque sia appassionato di fotografia e microscopia e voglia indagare la bellezza e la complessità del (micro)mondo che ci circonda.
La prima edizione risale al 1975 per giungere a noi, alla 47ma edizione.
La foto vincitrice di quest’anno è stata annunciata il 16 settembre, rappresenta stomi e pori di una una foglia di quercia del sud. Lo scatto è un’opera del ricercatore Jason Kirk, direttore dell’Optical Imaging & Vital Microscopy Core del Bayor College of Medicine, Texas.
Credits: https://www.nikonsmallworld.com/galleries/2021-photomicrography-competition
Questa immagine è il risultato di circa 200 singoli scatti uniti tra loro e un sapiente lavoro di post produzione. Realizzati con un sistema di microscopi in cui sono messi in evidenza tramite i colori dei componenti essenziali per la vitalità della pianta: gli stomi, in bianco, proteggono dagli insetti e dalle condizioni metereologiche avverse; i pori, in viola, mediano gli scambi gassosi tra l’ambiente interno della foglia e l’ambiente esterno, e infine in azzurro i vasi addetti al trasporto dell’acqua.
Per apprezzare l’evoluzione del mondo della microfotografia, ecco la foto vincitrice della prima edizione in cui i protagonisti sono cristalli di acido ossalico precipitati, che, a prima vista, potrebbe essere scambiata per un quadro astratto.
Credits: https://www.nikonsmallworld.com/galleries/1975-photomicrography-competition
Lo scopo di questo contest è proprio rendere fruibile la bellezza inaccessibile al nostro occhio, strumento limitato in questo senso, non solo agli addetti ai lavori.
Quanta bellezza può celarsi nella ali di un insetto, tra le venature di una foglia, tra le molecole di una goccia di acqua?
Per fortuna, oggi abbiamo gli strumenti per apprezzarla grazie alla microfotografia.
REFERENCES
Da sempre innamorata del mondo cellulare, microscopico ed invisibile, nel 2019 ho conseguito la laurea magistrale in Biotecnologie Mediche presso l’Università di Roma La Sapienza. Mi piace tutto ciò che posso osservare attraverso una lente, infatti sono affascinata dalla microscopia, dalla fotografia e, ultimamente, dall’astronomia. La sfida che sto affrontando al momento è lo studio della comunicazione della scienza, mondo a cui mi sono avvicinata da poco ma che coniuga la mia curiosità scientifica con la passione per la scrittura. Credo che il mondo abbia bisogno di bellezza ma, a volte, è nascosta dietro parole difficili o concetti troppo settoriali. Mi piace pensare di poter aiutare a renderla osservabile a tutti, nel mio piccolo.
Il mio motto è: “Sono disposta a credere a tutto, devi solo convincermi”.